RACCONTI



Capsule è un racconto scritto molti anni fa, ma pubblicato solo molto più tardi, sul primo numero della rivista di fantascienza IF Insolito & Fantastico http://insolitoefantastico.blogspot.com. Tratta degli stessi temi di scienza, medicina e cibernetica che poi si troveranno anche su Irregolare. È un racconto distopico, narrato in prima persona e contraddistinto da un’ironia malsana. Per certi versi, Capsule potrebbe essere considerato una sorta di prologo al romanzo Irregolare, anche se in realtà si tratta di qualcosa di completamente diverso, anche nello stile.

C a p s u l e

Ho paura. Nonostante sia stato preparato all’evento sin dalla nascita, ho lo stesso paura. E sento
freddo. Starmene qui tutto nudo assieme ad altri bastardi come me, in fila come soldati, non mi
aiuta di certo a rilassarmi. Dannazione, ho paura. E sento freddo.
Dunque, vediamo come iniziare…

Sono Denny, precisamente Daniel Kirby, nato a Dallas e residente a Manhattan. Non ho mai
conosciuto i miei genitori, sono stati uccisi quand’ancora ero un poppante. Ho sedici anni e una
gran voglia di godermi la vita, tipo ubriacarmi, fare sesso, spararmi qualche dose galvanizzante,
scatenare delle risse e via discorrendo.
Sono consapevole di desiderare cose futili, ma al momento vorrei semplicemente essere e vivere
come un ragazzo della mia età, niente più.
Perdonatemi il trasparente malumore, ma credo che a nessuno piaccia sentirsi ordinare quello che
dovrà fare per tutta la sua esistenza sin da quando ha un sufficiente livello cognitivo per discernere
tra una costrizione categorica ed una qualsivoglia operazione facoltativa, con le conseguenti
sanzioni che saranno inesorabilmente applicate qualora si rifiuti di adempiere alle procedure
esecutive del primo gruppo normativo.
Ma procediamo per gradi, altrimenti rischio di smarrire il senso del discorso, senza farvici
raccapezzare nulla. Sapete com’è, per me che ho vissuto e vivo la storia, l’ordine d’esposizione dei
fatti ha assunto una certa superficialità, è tutto indelebilmente registrato nei meandri della mia
massa celebrale e non mi occorrono pertanto dettagliate descrizioni o precise sequenze degli
avvenimenti susseguitesi in seno alla vicenda per comprendere cos’è accaduto, in che maniera si è
evoluta e con quali effetti. Abbiate pazienza, cercherò di fare del mio meglio.

Eccole lì, tutte perfettamente allineate. Sinistri scintillii danzano sulla loro cromatura argentea, in
una coreografia psichedelica, coadiuvate da intermittenti pulsazioni luminescenti che disegnano
incomprensibili figure su variopinti display. Grovigli di cavi serpentiformi si dipanano da sotto di
loro, avviluppandosi viscidamente, collegandosi l’un con l’altro in un intreccio mefistofelico con un
enorme terminale la cui grandezza sta a monito della sua potenza.

Non ricordo con esattezza, credo fosse verso la seconda metà del ventesimo secolo il periodo in cui
tutto ebbe inizio. Forse anche qualcosa prima…
All’epoca la medicina escogitò il modo di recuperare la vita di alcuni malati e incidentati tramite la
sostituzione della parte avariata del loro corpo con un ricambio perfettamente compatibile prelevato
dai morti. Una gran bella figata, certo, si era abbattuto un grosso ostacolo, d’accordo, si erano
salvate molte vite, accese nuove speranze, debellate parecchie sofferenze, okay, ma state a sentire il
resto.
Come un bambino che timidamente inizia ad affrontare barcollante la vita sui due piedi, passo dopo
passo, pian pianino, con svariate cadute, sbucciature, graffiature, ammaccature e tante lacrime, così
apparve il cammino della medicina in questa nuova specializzazione che fu chiamata trapianto, con
diversi insuccessi e tante lacrime da parte dei parenti del malato/infortunato deceduto sotto i bisturi.
E come il moccioso che alla fine impara fin troppo presto la postura eretta e spadroneggia senza
paura il suo equilibrio, accompagnato dalle maledizioni degli educatori che non riescono a tenere a
freno la sua irrequietezza, così accadde pure per questi interventi medici, che assunsero alfine un
non so che di meccanico, con una percentuale di successi pari al 99,9 %, perseguitato da critiche
etiche e sociali e da assurde congreghe che rivendicavano l’integrità dei corpi dei loro defunti cari.
Ben presto la domanda divenne molto superiore all’offerta, e gli elementi di ricambio subirono uno
slittamento economico vertiginoso, oneroso al punto tale che un malato veniva posto dinanzi ad una

duplice scelta: o finiva sotto i ferri e continuava a vivere lavorando per il resto della sua esistenza e
di quella dei suoi figli per estinguere il debito contratto per l’intervento, o moriva.
Per incrementare le risorse, la medicina si affidò ai primati, un anello della catena biologica che non
presentava rischi di rigetto, o perlomeno li limitava notevolmente rispetto ad altre specie. Pertanto
ci si apprestò a squartare queste disgraziate scimmie nel nome della scienza e della salvezza di
soggetti posti al di sopra della loro scala evolutiva: gli uomini. Fu un periodo, questo, in cui la
medicina calamitò su se stessa le peggiori manifestazioni di avversione, scioperi, pubbliche
proteste, opposizioni politiche, sfilate di reclamo e malcontento generale. Uno spasso.
Gli scienziati dal canto loro replicavano infervorati recitando il sacro verbo del sacrificio in favore
del progresso, lagnandosi con gli imbecilli che rallentavano e ostacolavano gli studi. Non
trascorreva giorno che non giungeva notizia di uno scontro diretto terminato in un pestaggio
generale. Come ho già detto, uno spasso. Riuscite ad immaginare un cuore di scimpanzé che vi
pompa dentro? O un testicolo di gorilla che balla sotto il vostro pene?

La fila è lunga, ma l’attesa è snervante. Mi sforzo d’apparire indifferente mentre procedo
lentamente verso la mia, assumendo l’aria di chi accompagna controvoglia la propria mamma a
fare la spesa. Sospetto di non riuscire troppo bene nella recita, soprattutto quando capto le urla di
coloro che si stanno già sottoponendo al trattamento, i primi del mucchio. Chissà perché ho una
palla di saliva che non ne vuol sapere di scendere… Mi guardo attorno cercando di celare il mio
terrore: non vedo che volti sfigurati dall’angoscia. Neanche osservare le donne in fila tutte nude mi
suscita un minimo sollievo anzi, non sortisco che l’effetto di acuire il mio tormento, al pensiero di
quello che sto per perdere. Chino la testa in basso, fissando la lucida e asettica pavimentazione
biancastra sotto i miei piedi nudi. Sono intirizzito dal freddo e semiparalizzato dalla paura e mi
muovo con la scioltezza di un manichino. A dire il vero tutti simuliamo involontariamente dei
pupazzi, con questi accecanti neon che si deflettono sui nostri glabri corpi impomatati e avvolti da
una sorta di sterile pellicola trasparente. Avanti il prossimo…

Insoddisfatti del loro già deprecabile operato, gli scienziati concordarono all’unanimità di
attorcigliarsi da soli il cappio, dando il via a pastrocchi genetici atti ad evitare crisi di rigetto qualora
si fossero utilizzati componenti organiche d’altre bestie, oltre alle scimmie, già ampiamente
sterminate. A tal punto si alzò un polverone di proporzioni bibliche, tanto flatulento da degradare le
passate rivolte a semplici scaramucce infantili. Fioccarono talmente tanti morti che si finì per
vietare l’uso di tali elementi geneticamente adattati, facendo infuriare la categoria medica, che per
l’occasione aveva triplicato lo spazio temporale da dedicare alla preghiera e alla diffusione del loro
verbo.
Ve la sentite di pensarvi sensualmente abbracciati alla vostra partner, mentre questa vi bacia
appassionatamente infilandovi dentro la sua lingua appena espiantata da un maiale mutato?
Repressi nel loro genio, gli scienziati escogitarono vie alternative. Fortunatamente ebbero il buon
senso di non scatenare una deflagrazione di entità mondiale che avrebbe spazzato via tutti quelli
della loro razza, evitando di sbandierare con tracotanza la così detta “teoria del gemello”,
l’illuminante progetto che voleva la creazione di cloni umani da utilizzare come carne da macello,
eliminando definitivamente i sintomi d’incompatibilità e la scarsa disponibilità di pezzi.
Forse si sarebbe incazzato perfino Dio se i ricercatori avessero portato avanti con convinzione
questa follia.

Ormai sono vicino. Una fragorosa cascata di secondi è l’unico baluardo che mi divide dalla mia
capsula. Osservo stordito tutti coloro che mi si trovavano dinanzi, nella fila, chiusi dentro i loro
cilindri personali, con le bocche spalancate in un grido d’aiuto che Dio solo sa quando verrà, con i
corpi incordati dal dolore e gli occhi vitrei, dissigillati e puntati biecamente nel vuoto, a
testimonianza della vitalità fluttuata via da loro, scivolata in un crescendo di strazianti spasmi. La
paura è stata detronizzata dall’amara rassegnazione: attendo il mio turno, fissando lo sguardo sulla targhetta bronzea incastonata sull’apice della capsula che porta inciso il mio nome a lettere maiuscole.

A quel punto, l’unica strada percorribile per la medicina si snodava attraverso la beffarda creazione
artificiale dei suddetti ricambi.
“Non desiderate possedere una cistifellea presa in prestito ad un morto? Non vi ecciterebbe far
l’amore con un membro asinino? Vi fa schifo sentirvi in pancia un paio di metri di budella appena,
appena tagliuzzati ad una vacca geneticamente alterata? Provate sensi di colpa nel rimirarvi le
vostre tette nuove sapendo che provengono da un clone? Bene, allora godetevi queste immondizie
artificiali create appositamente per voi!”…questo fu, più o meno, lo slogan degli scienziati che
preparò l’avvento di tale innovazione.
Sorse così una nuova scienza, la biocibernetica, una disciplina rigonfia d’orgoglio che ruotava
attorno a questi nuovi componenti, interamente inorganici ma perfettamente adattabili alle esigenze
di un corpo umano. Tra lo scetticismo generale, furono impiantati così, buste di plastica al posto
dello stomaco, compressori in sostituzione del cuore, telecamere in vece degli occhi, vibratori
idraulici a mo’ di falli. Stupefacente, veramente s-t-u-p-e-f-a-c-e-n-t-e.
Col trascorrere del tempo, le tecniche mediche si affinarono in maniera notevolmente positiva:
s’introdussero nuove leghe metalliche e plastiche, più leggere, più plasmabili, più resistenti, i costi
si ridussero notevolmente grazie alla crescente disponibilità di pezzi, i sintomi di rigetto
scomparvero per merito della calibratura genetica del ricambio, e le terapie di riabilitazione si
estinsero, viste le ottimali prestazioni del prodotto cibernetico. Un successo che soddisfò tutti.
Fin qui niente di strambo, ma quello che accadde in seguito…

Sono dentro. Indicibili emozioni solcano impetuosamente il mio io. Un miscuglio di aghi luminosi
mi sfregia il corpo, passandomi attraverso. Fulgidi cerchi piroettano dal basso verso l’alto, lungo
le circolari pareti traslucide della capsula. Poi, furtivamente, un gelido liquido argenteo, oleoso,
comincia ad eruttare fuori da minuti orifizi posti sulla sommità del cilindro. Rivoli di fluido si
catapultano giù lugubremente, addensandosi ai miei piedi. Osservo raggelato il riflesso del mio
volto angosciato sull’untuoso liquido, mentre questo si raggruma claustrofobicamente in fondo,
alzando ad ogni sfuggente attimo il suo livello. I miei piedi sono già del tutto immersi nella
glutinosa sostanza…

Il progresso tecnologico tanto decantato dagli scienziati crebbe così smodatamente nel giro di pochi
anni, che gli uomini ben presto furono letteralmente soppressi dalle innovazioni, diventandone
schiavi.
I ricambi cibernetici divennero un business inaudito. L’intera economia di parecchi paesi si reggeva
soltanto sul loro commercio; una vera e propria rivoluzione capitalistica prese piede
inarrestabilmente.
Si era giunti al punto da non usufruire di un innesto artificiale perché si era malati o deficitari in
qualche maniera ma, al contrario, ci s’imbottiva di elementi biomeccanici per il semplice fatto che
questi ultimi si rivelavano infinitamente migliori delle loro anziane sorelle di carne e ossa. Dalla
serie “prevenire è meglio che curare”, si finì per ammantare di scherno coloro i quali non
possedevano nessun innesto: una nuova moda vide la luce, una moda nata e nutrita con il sacro
verbo degli scienziati, la moda del “cyberware”.
Il crescente abuso di tali gingilli, ebbe però tragiche ripercussioni sulla società.
Accecati dall’imponente traffico sviluppatosi al riguardo, le maggiori aziende attizzarono in modo
progressivo e crescente gl’infatuati consumatori, sfornando dai loro cantieri di ricerca e
progettazione novità cibernetiche sempre più incredibili, più belle, più sofisticate e al contempo
eccezionalmente inutili: in definitiva, un grande ammasso di ciarpame.

La capsula è quasi interamente ricolma del denso fluido. Piccole onde mi lambiscono
malignamente il mento. Non ho paura, non sento freddo…forse sono già morto.

Alla fine gli uomini s’imprigionarono da sé in una totale staticità funerea.
I ricambi funzionavano per mezzo di ingegnose pile nucleari, pressoché inesauribili; a ciò
sommiamo la constatazione che i nanochirurghi rigeneranti (microscopiche diavolerie infilate nel
corpo in grado di riparare i tessuti logorati dal tempo) estendevano concretamente la durata della
vita per almeno cinque volte quella normale. Un uomo decedeva prematuramente solo grazie a
malattie mentali, perché dal punto di vista fisico, si era tragicamente trovato il modo di sostituire
tutto.
Si arrivò, dunque, ad un sovraffollamento globale, con conseguente carenza di ogni risorsa, anche di
cessi pubblici, tranne, ovviamente, della ferraglia che ci si poteva inserire addosso.
Le scuole svanirono: a chi occorreva l’istruzione quando potevi acquistare al supermarket un chiperudizione
e ficcartelo in testa? Gli ospedali furono sostituiti da case di cura per pazzoidi stressati e
cliniche di ricambio, una sorta di officine adibite all’innesto e al riparo di componenti cibernetici.
Tutti i medici si convertirono in psicologi e psichiatri. Tanta, tantissima gente fu costretta a mutare
radicalmente il proprio stile di vita, il proprio lavoro, la propria cultura, pur di sopravvivere; molte
altre persone non furono capaci di adattarsi e creparono in solitudine con l’onta del ludibrio sulle
loro teste.
In questo scenario apocalittico si applicò il divieto assoluto di concepire figli, in tutto il mondo: non
avrebbero avuto un posto in cui vivere, o un lavoro, o una famiglia, o una vita; avrebbero soltanto
consumato l’aria, il cibo, l’acqua, a spese di tutti.
Coloro che avessero infranto la legge sarebbero stati accusati di aver messo a repentaglio l’esistenza
di tutto il genere umano e sarebbero stati pertanto giustiziati. Il bambino nato, frutto del loro
peccato, sarebbe cresciuto in seno alla comunità e condannato ai lavori forzati, se ce n’erano
bisogno, altrimenti, rinchiuso in capsule di contenimento fino a data da destinarsi.
Questi miserabili fanciulli, figli di disgraziati peccatori, avrebbero in seguito assunto il nomignolo
di “irregolari”.

e p i l o g o

L’illusione dell’onnipotenza portò gli scienziati a non intuire il putrescente marciume che esalava
fuori dai loro ricambi, a lungo andare.
Quando ormai era troppo tardi, si scoprirono due requisiti non irrilevanti delle applicazioni
cibernetiche; due effetti collaterali che nessuno aveva preventivato. Il primo di questi era la
granitica dipendenza che tali apparecchiature biomeccaniche scatenavano nell’organismo umano,
pertanto divenne impossibile privarsi anche del più minuscolo componente, una volta innestatoselo
addosso. Il secondo effetto negativo si esplicava attraverso le costanti radiazioni elettromagnetiche
che questi aggeggi sprigionavano, energicamente cancerogene.
Gli uomini, pertanto, iniziarono man mano a sostituirsi tutti i tessuti organici che finivano in
necrosi, rimpiazzandoli con della ferraglia compatibile, diventandone sempre più dipendenti e,
ovviamente, cancerogeni.
Una spirale senza salvezza.
Venne il giorno in cui tutti gli uomini si tramutarono in sterili robot, vagando senza meta sul globo
terrestre, finché le loro pile non si esaurirono e si ridussero a degli statuari ammassi di metalli
cromati; senza vita, ammesso che ne avessero ancora conservato una.
E il mondo fu governato dalle capsule.

--

Scopri anche Melw, un altro dei racconti di Vincenzo Bosica

MELW
Multifunction Electric Wife
Moglie Elettrica Multifunzione


 
Irregolare - Vincenzo Bosica © Copyright 2010 | Design By Gothic Darkness | Powered by L&L Comunicazione